PADRE PIO
SULLA SOGLIA DEL PARADISO
Introduzione
Una assicurazione sulla vita... eterna
«Quando morirò, chiederò al Signore di farmi sostare sulla soglia del Paradiso e non entrerò fino a quando non sarà entrato l'ultimo dei miei figli spirituali». In queste semplici, ma impegnative, parole è racchiusa la straordinaria promessa che Padre Pio fece in vita, nelle più diverse circostanze, a numerosi suoi devoti. Una assicurazione sull'eternità che è ancor più attuale dopo il definitivo sigillo della Chiesa sulla santità del cappuccino del Gargano, il primo sacerdote stimmatizzato della storia, faro di fede e di spiritualità per milioni di persone.
Furono infatti molti i figli spirituali che, soprattutto quando ormai era evidente l'approssimarsi della sua morte, gli chiesero: «Padre, ora che te ne vai, come faremo senza dite?». E Padre Pio, con il consueto modo di fare, burbero e scherzoso nel medesimo tempo: «Pezzo di scemo, io sarò qui in mezzo a voi, più di prima. Venite sulla mia tomba. Prima, per parlarmi, mi dovevate aspettare. Adesso, lì, sono io che vi aspetto. Venite sulla mia tomba e riceverete più di prima!». Mentre, per quanti non potevano muoversi fino a San Giovanni Rotondo, una precisa alternativa la diede al confratello padre Tarcisio Zullo: «Andate innanzi al tabernacolo:
in Gesù troverete anche me».
Che non fossero parole disperse nel vento lo documentano le testimonianze di quanti gli furono intimissimi, a cominciare dall'allora amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza, Angelo Battisti, il quale ha raccontato di quando Padre Pio scherzando gli diceva: «Nella tomba sarò più vivo che mai!». E all'economo della stessa struttura, Enzo Bertani - che, confessandosi per l'ultima volta da Padre Pio, il 19 settembre 1968, gli disse: «Come regalo per il 50° delle stimmate vorrei morire prima di lei» - il cappuccino rispose serio e deciso:
«Tu hai famiglia e devi campare. Tanto non ti lascerò, perché avrò molto tempo libero per esserti vicino».
La certezza della costante compagnia di Padre Pio era qualcosa di materialmente percepibile da parte di quanti il frate aveva accolto fra i propri penitenti: «Quando il Signore mi affida un'anima, io me la pongo sulle spalle e non la mollo più», diceva con solennità. Anche in questo caso non si trattava di superbia, bensì di serena consapevolezza dei doni che il Signore gli aveva dato e della responsabilità che ne derivava, come ha ricordato don Nello Castello: «Una volta Cleonice Morcaldi affermò: "Sulle spalle di Padre Pio ci sta il mondo e la Chiesa". A me l'espressione sembrava esagerata. Alla sera mi incontrai con Padre Pio il quale, dopo aver raccontato a me e ad altri la storia di san Cristoforo (cui la tradizione attribuisce l'attraversamento di un fiume con Gesù Bambino sulle spalle), fissandomi profondamente mi disse: "Sulle mie spalle sta il mondo". E io non avevo detto nulla!».
Per Padre Pio le centinaia di persone che quotidianamente affollavano la chiesa di Santa Maria delle Grazie e facevano la fila al suo confessionale non erano una massa indifferenziata, ma volti e nomi ben precisi, ciascuno con le proprie ansie e i propri problemi. Un giorno, lo stesso Battisti lo stuzzicò su questo tema: «Come fa a ricordarsi di tutte le creature che a lei si rivolgono, quelle che vengono e quelle che da lontano la chiamano? Penso che farà una comune intenzione, tutto un "calderone"...». E lui: «Nel calderone ti ci butto dentro a te: io le ricordo e le chiamo una.per una e gli conto i capelli, e ce n'è d'avanzo».
Lo testimonia la lunga durata, nella sua celebrazione eucaristica, del Memento per i vivi e per i morti, che spesso andava avanti per decine di minuti, nei quali lo si vedeva con il volto rivolto verso l'alto e talvolta con le labbra in movimento, intento come a presentare singolarmente al Cielo quelle persone e quelle anime che in quel giorno erano ricorse a lui o che avevano particolari bisogni spirituali e materiali. Una stupenda sintesi di questo amorevole atteggiamento è la risposta al dottor Guglielmo Sanguinetti, fra i primissimi medici della Casa Sollievo, che gli domandava come facesse ad amare tutti e ad essere di tutti. Battendogli teneramente la mano sulla spalla, Padre Pio disse:
«Correggi: tutto di ognuno. Ognuno può dire: il Padre è tutto mio!».
Chiamato a essere vittima per il mondo
La vocazione di Padre Pio a essere compagno e guida spirituale dei vivi e dei morti veniva da lontano. L'aveva espressa lui stesso sin dal 29 novembre 1910 a padre Benedetto da San Marco in Lamis, chiedendogli per iscritto un permesso particolare:
«Da parecchio tempo sento in me un bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti. Questo desiderio è andato crescendo sempre più nel mio cuore, tanto che ora è divenuto, sarei per dire, una forte passione. L'ho fatta, è vero, più volte questa offerta al Signore, scongiurandolo a voler versare sopra di me i castighi che sono preparati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, anche centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori ed ammetta presto in Paradiso le anime del Purgatorio, ma ora vorrei fargliela al Signore questa offerta colla sua obbedienza. A me pare che lo voglia proprio Gesù. Son sicuro che ella non troverà difficoltà alcuna nell'accordarmi questo permesso».
A stretto giro di posta, il primo dicembre, padre Benedetto mostrò di aver pienamente compreso la necessità di quell'offerta: «Fa' pure l'offerta di cui mi parli che sarà accettissima al Signore. Stendi pure tu le braccia sulla tua croce e, offrendo al Padre il sacrificio dite stesso in unione al tenerissimo Salvatore, patisci, gemi e prega per gl'iniqui della terra e i miseri dell'altra vita, sì degni della nostra compassione nelle loro pazienti e ineffabili angosce». Da allora Padre Pio, che da pochissime settimane aveva cominciato a sperimentare le stimmate invisibili, rinnovò costantemente la propria donazione: «No, voglio soffrire fino alla fine del mondo», fu la netta risposta alla signora Malvina Lureti, che un giorno si era permessa di suggerirgli un po' di riposo. Lo ha confermato il sacerdote Pierino Galeone, dal 1947 figlio spirituale di Padre Pio: «Mi disse più volte che l'amore perfetto e la sofferenza perfetta portano l'anima a diventare vittima perfetta, disposta a chiedere anche patimenti eccezionali sia per riparare la gloria di Dio, sia per ottenere grandi favori per i vivi e per i defunti. Padre Pio mi rivelò inoltre di avere chiesto a Gesù e di aver ottenuto non solo di essere vittima perfetta, ma anche vittima perenne, cioè di continuare a rimanere vittima nei suoi figli, allo scopo di prolungare la sua missione di corredentore con Cristo sino alla fine del mondo. Egli mi ha detto e confermato di aver avuto dal Signore la missione di essere vittima e padre di vittime sino all'ultimo giorno».
Infatti, ricevendo il 20 settembre 1918 il sigillo delle stimmate, Padre Pio ebbe anche la conferma definitiva della vita di immolazione che lo attendeva. Come ha sintetizzato, in un discorso commemorativo, il francescano padre Antonio Gallo, «fu una conferma tangibile dell'accettazione da parte di Dio di quel dono di sé che Padre Pio, già sacerdote da otto anni, aveva fatto dalla sua età più tenera. In una pubblicazione, un capitolo della sua biografia infantile reca per titolo: "Un fanciullo che cercava il dolore". E una realtà: egli cercava veramente il dolore e non fu mai defraudato nella ricerca di questo tesoro. I sintomi delle malattie più gravi, le sofferenze, le persecuzioni del demonio anche in forma concreta, la febbre spesso altissima erano soltanto segni esterni della macerazione interiore e del dolore da lui avidamente ricercato».
Una vita a contatto con l'invisibile
La certezza riguardo all'esistenza del Purgatorio e del Paradiso non era un puro atto di fede per il Padre, che ne aveva più volte avuto diretta visione. Una sera del 1958, mentre si trovava con alcuni figli spirituali nell'orto, dopo la funzione della benedizione con il Santissimo, il signor Mioni di Montegrotto gli si rivolse con una secca osservazione:
«Padre, a me non importa niente la durata del mio Purgatorio, tanto già so che poi finisce e sono sicuro del Paradiso». E il frate: «Tu non sai che cosa sia. Tu non sai quanto sia duro». Il Mioni ripeté la sua idea e Padre Pio replicò con ancor più forza: «Figlio mio, dici così perché non sai quanto sia terribile». Don Nello Castello, che era presente, ha testimoniato con commozione «di aver compreso in
quel momento che Padre Pio non parlava per sentito dire, ma per esperienza».
Si trattava in sostanza di quanto aveva efficacemente descritto santa Caterina da Genova, la «mistica del Purgatorio», nel suo Trattato: «Le anime purganti provano tali tormenti che lingua umana non può descrivere, né alcuna intelligenza comprendere, eccetto che Dio li faccia conoscere per grazia speciale». Tanto che Padre Pio suggeriva ai suoi seguaci, come ha rivelato Cleonice Morcaldi, una strada precisa: «Se non vuoi fare dopo la morte il Purgatorio, fallo prima di morire, accettando tutto dal Signore e offrendolo con amore a lui; anzi con rendimento di grazie per la possibilità che ti dà di farlo con poco il Purgatorio».
In ogni caso, il frate non perdeva occasione per intercedere in favore delle anime del Purgatorio, sia durante la Messa che in altri momenti. Per esempio, ogni volta che saliva per la scala interna del convento, si fermava sul pianerottolo dove erano appesi alla parete una cassettina di legno e un quadro sul quale erano stampate diverse intenzioni per suffragare le anime dei morti. Egli prendeva sempre dalla cassettina un dischetto, con il numero indicante la corrispondente intenzione, e recitava devotamente la preghiera dell'Eterno riposo.
E bisogna riconoscere che le anime purganti non erano indifferenti a tali orazioni, secondo quanto èstato raccontato dai due frati che, vedendo Padre Pio alzarsi da tavola mentre erano a pranzo, lo seguirono incuriositi fino al portone d'ingresso del convento. Qui giunto, il Padre si fermò e iniziò a parlare con qualcuno che ai confratelli risultava però invisibile. Sorpresi per quanto stava accadendo, costoro si avvicinarono, chiedendosi se non gli avesse dato di volta il cervello. Ma Padre Pio, con un sorriso, spiegò: «Oh, non vi preoccupate! Sto parlando con alcune anime che, nel loro cammino dal Purgatorio verso il Cielo, si son fermate qui per ringraziarmi, perché questa mattina le ho ricordate durante la santa Messa».
Non di rado, anzi, gli venivano chieste in prima persona le preghiere di suffragio, come accadde quando si trovava a Sant'Elia a Pianisi nel 1907. Così padre Marcellino Iasenzaniro ha riportato il racconto fatto dallo stesso Padre Pio: «Una notte dopo la preghiera del Mattutino, mentre gli altri scesero al fuoco comune per scaldarsi un po' prima di ritornare a letto, rimasi in coro. A un certo punto sentii dei rumori, come di candelieri toccati, provenienti dall'altare maggiore. Subito pensai che qualche confratello fosse passato dal coro in chiesa; ma, continuando quei rumori, mi affacciai dal parapetto e chiesi: "Chi è?". Rispose una voce: "Sono un novizio, che sconto il Purgatorio facendo la pulizia dell'altare maggiore che ho trascurato durante la mia vita. Pregate per me". Non riflettendo del tutto su quelle sue parole, dissi senza indugio: "Va bene, ma adesso vai a riposare". E non si sentì più nulla. Dopo qualche istante però mi resi conto di ciò che era realmente accaduto e fui preso da forte paura. Allora quasi fuggii dal coro, per raggiungere i confratelli e restare un po' in loro compagnia. Attraversai in fretta il corridoio, ma appena cominciai a scendere le scale per andare al fuoco comune mi trovai dinanzi un giovane frate sconosciuto. Sentii dentro di me che era il novizio che mi aveva parlato. Questi disse solo "Grazie", e sparì!».
I figli spirituali germogliano ancora
Sono centinaia di migliaia le testimonianze inviate al convento di San Giovanni Rotondo da quanti sono stati beneficati, in vita e anche dopo la
morte, da Padre Pio. E la maggior parte delle grazie che vengono raccontate in queste lettere sono di natura spirituale, più che materiale. E stato infatti il bene delle anime l'essenziale obiettivo della missione del cappuccino, che già sulla terra poté gioire, secondo quanto ha raccontato Cleonice Morcaldi, perché «Gesù gli aveva fatto vedere la mansione dei suoi figli spirituali in Paradiso».
Anzi, si potrebbe dire che Padre Pio già pregustava il momento della gioia celeste in compagnia dei suoi cari. A don Pierino Galeone, che un giorno si lamentò con lui perché era stato bloccato e rimproverato dal Superiore del convento mentre cercava di entrare nella zona della clausura riservata ai cappuccini, con affetto paterno disse: «Abbi pazienza, padre Agostino è buono, anche se burbero; in Cielo staremo insieme e là non ci sarà più nessuno a sgridare». E in che consistesse il Paradiso lo spiegò a una figlia spirituale che gli aveva chiesto:
«Padre, in Paradiso godremo subito, oppure alla fine del mondo?». Padre Pio così rispose: «Se non si godesse, non sarebbe Paradiso. Alla fine del mondo comincerà pure a godere il corpo risorto».
Alla serietà dell'impegno assunto da Padre Pio con i propri figli spirituali, doveva però corrispondere altrettanta tenacia da parte di questi ultimi, che non di rado si sentivano redarguiti così: «Ricordatevi che, se non vi comportate bene e non mi ascoltate, un giorno dinanzi a Dio non vi riconoscerò come miei figli. Sarò io il primo vostro accusatore!». E a una sua devota che lo implorava: «Padre, pregate per me», il frate subito rispose: «Io prego per te, ma tu pure devi pregare per te!». Quando però percepiva la buona volontà di chi gli si rivolgeva con fede, Padre Pio si lasciava andare e diventava il più tenero dei direttori spirituali. La piccola Anna Tortora, nel giorno della cresima, gli disse di desiderare un regalo. Egli chiese:
«Che cosa vuoi? Una figurina, un libretto?»; e la bambina rispose: «Voglio, Padre, che quando lei va in Paradiso assicuri un posto anche a me». «Sei sicura che ci vado?», ribatté Padre Pio; e Anna: «E se non ci va lei, Padre, chi ci va?». A quel punto Padre Pio cedette: «Va bene, ti prometto che, se ci andrò io, tirerò per il collo anche te».
Si potrebbe pensare, secondo gli schemi umani, che promesse così impegnative e personali fosse possibile strapparle a Padre Pio soltanto durante la sua esistenza. In effetti, dopo la morte del Padre, sembrerebbe terminata l'epoca della figliolanza spirituale, alla quale potrebbero al massimo richiamarsi quanti lo frequentarono e ne ricevettero direttamente gli insegnamenti. Ma la forza dello spirito ha aperto invece un nuovo varco nella misteriosa e straordinaria continuità di presenza del frate nel nostro tempo.
A rivelarne la modalità è fra Modestino da Pietrelcina, il compaesano di Padre Pio che viene considerato il suo erede spirituale e che già molti anni fa si era posto il problema: «Meditavo sui benefici che potevano lucrare coloro che venivano accettati dal Padre quali suoi figli spirituali. Poi pensavo con rammarico a tutti quelli che non potevano andare a San Giovanni Rotondo per chiedere a Padre Pio l'adozione spirituale e a quelli, ancor meno fortunati, che si sarebbero avvicinati al Padre dopo il suo transito terreno».
Un giorno, proprio durante una confessione con Padre Pio, l'ispirazione prese forma: «Padre, vorrei assumere, come suoi figli spirituali, tutti coloro che si impegneranno a recitare, ogni giorno, una corona del Rosario ed a far celebrare di tanto in tanto una santa Messa secondo le sue intenzioni. Posso farlo, oppure no?». Padre Pio, allargando le brac
cia, alzò gli occhi al cielo ed esclamò: «Ed io posso rinunziare a questo grande beneficio? Fa' ciò che mi chiedi ed io ti assisterò». E qualche tempo dopo, un nuovo incoraggiamento: «Figlio mio, allarga quanto più puoi il numero perché sono più beneficati loro davanti a Dio che io stesso. Riferisci che io do loro tutto il mio animo, purché siano perseveranti nella preghiera e nel bene».
Pochi giorni prima di morire, il 20 settembre 1968, Padre Pio chiamò fra Modestino accanto a sé, si tolse dal polso l'inseparabile corona e gliela depose fra le mani, dicendo: «Ecco, ti affido il santo Rosario. Divulgalo, diffondilo tra i figli miei». Era la ratifica definitiva di un mandato che, da allora, continua a essere fedelmente eseguito. Ogni sera, dalle 20.30 alle 21, l'immensa famiglia spirituale di Padre Pio si incontra idealmente nella cripta del convento di San Giovanni Rotondo, intorno alla tomba del Padre, per la recita del Rosario guidata anche da fra Modestino.
Chiunque lo vorrà, in qualsiasi momento, potrà diventare figlio spirituale di Padre Pio semplicemente unendosi con devozione a questa recita e facendo ogni tanto celebrare una santa Messa secondo le intenzioni del Padre. «Beneficeranno così della continua assistenza di Padre Pio e della mia povera preghiera presso la sua tomba», garantisce fra Modestino, sottolineando nel contempo l'altra indispensabile condizione: «Chi s'impegna a recitare la corona benedetta dovrà ovviamente ripudiare il peccato e seguire, per quanto gli sarà possibile, l'esempio di Padre Pio. Da questo si riconosceranno i suoi figli spirituali: saranno uniti dal vincolo della dolce catena che ci lega a Dio; ameranno, pregheranno e soffriranno come ha amato, pregato e sofferto Padre Pio, per il bene della propria anima e per la salvezza dei peccatori».